Capoclan Zingaro denuncia Sindaco per “discriminazione”

Gli Zingari di ogni denominazione non sono popolazioni autoctone europee, ma provengono dall’India

Capoclan rom denuncia sindaco di Giulianova per discriminazione

Dopo lo sfratto aperto anche un contenzioso

GIULIANOVA. Finisce sul tavolo della procura della Repubblica di Teramo il caso dello sfratto del capoclan dei Rom giuliesi, Achille Di Rocco, 56 anni.
L’uomo ha dovuto lasciare la casa popolare del quartiere Annunziata di Giulianova come stabilito dall’amministrazione comunale locale. Una denuncia per discriminazione razziale è stata infatti presentata dal legale del nomade un personaggio storico nella comunità giuliese, riporta l’agenzia Ansa. Nel suo esposto, descrivendosi vittima di una sorta di ‘apartheid’, sottolinea «un’azione politica condotta dall’amministrazione del Comune di Giulianova, che sembra decisa a voler ‘risolvere’ il problema dell’integrazione tra la ‘popolazione’ e i ‘rom stanziali’, tramite lo ‘spostamento’ di questi dalle case popolari».
La polemica nasce dallo sfratto che la famiglia rom (tra i cui componenti ci sono anche una invalida ultraottantenne e un ragazzo di 10 anni), ha subito dal sindaco, sulla base di una condanna ricevuta anni fa dalla moglie del capoclan, successivamente annullata in un processo di revisione della causa.
Sullo sfratto esiste un contenzioso civile con il Comune di Giulianova, ma Di Rocco ritiene che «un normale procedimento amministrativo volto a verificare la sussistenza dei presupposti per un’eventuale decisione di revoca dell’assegnazione di un alloggio popolare, è stato presentato come un’iniziativa politica, ‘spettacolarizzata’ tramite un’inusuale e martellante ricorso alla stampa».

Di Rocco era stato sfrattato il 14 novembre dello scorso anno su decisione del sindaco Francesco Mastromauro che aveva fatta sua l’analoga richiesta avanzata dal capitano dei Carabinieri, Luigi Dellegrazie, richiesta supportata da un corposo dossier e da due sentenze definitive per spaccio di droga a carico, appunto, del Di Rocco, si era spiegato dal Comune.
Dopo ripetuti ma inevasi inviti formali rivolti ai familiari, ed essendo scaduti i termini per adempiere, si è provveduto quindi a liberare definitivamente i vani trasportando in luogo idoneo gli oggetti ancora presenti, molti di lusso.
«Ora l’appartamento – annunciò il primo cittadino- verrà assegnato a chi ne ha bisogno, come è giusto che sia. Credo sia sufficientemente chiaro il messaggio lanciato sin dall’inizio dal sottoscritto e da questa Amministrazione: rispetto rigoroso della legalità e pugno duro contro chi viola le regole».

Queste sono le derive dell’antirazzismo.
Ci si chiede quanti Zingari dei clan ancora oggi risiedano in case popolari. E ci si chiede, non perché questo individuo sia stato sfrattato, ma perché godesse, lui, un boss mafioso, del privilegio di vivere in una casa del comune. E poi, come mai, non ostante due condanne definitive era “libero”?
Quanti, di questi immigrati o Zingari dediti al crimine manteniamo a nostre spese?

E’ tale il senso di impunità che questi personaggi hanno, è tale il senso di “protezione” che sentono da parte delle istituzioni, da indurli, loro criminali, a denunciare le persone normali per “discriminazione”. Perché sanno che ci sarà qualche avvocato, qualche associazione di cerebrolesi antirazzisti e qualche giornalista ad ascoltarli.
E’ il clima intorno che deve cambiare. C’è troppo poco “razzismo” in Italia.

1 comment

  1. Django luglio 18, 2014 9:52 pm  Rispondi

    Li rispediscano tutti in India e Pakistan e che se la vedano gli autoctoni di la, vediamo se li tratteranno bene come li trattiamo noi qui?!

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