Invasione cinese: mani ‘gialle’ sull’economia

 

Parassitismo cinese: la presenza di immigrati, direttamente correlata al tracollo economico.

VENEZIA – Nonostante la crisi, vola l’imprenditoria cinese. Lo rivela la Cgia di Mestre, sottolineando che tra il 2008 ed il 2011 le imprese ‘con gli occhi a mandorla’ sono cresciute del 26%. Sempre in questo quadriennio c’e’ stato un boom delle rimesse: sono ritornati in patria 7,87 miliardi di euro. A dispetto di un leggero calo avvenuto nel 2010, tra il 2008 ed il 2011 l’aumento della quantita’ di denaro inviato in Cina e’ stato del 65%. Il 70% del totale delle imprese si concentra nei servizi, nel commercio e tra gli alberghi/ristoranti. La regione piu’ ‘popolata’ da imprenditori asiatici e’ la Lombardia, con 11.922 attivita’. Seguono la Toscana, con 10.854 imprese, e il Veneto, con 6.939 aziende. Il 51% delle imprese cinesi e’ concentrato dunque in queste tre Regioni.

“In passato – commenta Giuseppe Bortolussi segretario della Cgia di Mestre – i settori maggiormente caratterizzati dalla presenza di attività guidate da cinesi riguardavano la ristorazione, la pelletteria e la produzione di cravatte. Successivamente le loro iniziative imprenditoriali si sono estese anche all’abbigliamento, ai giocattoli, all’oggettistica e alla conduzione di pubblici esercizi”.

Per la Cgia, ormai il 70% del totale delle imprese presenti nel nostro Paese si concentra nei servizi: settore che consente, a differenza del manifatturiero, un grande riflusso di capitali verso la Cina. “Si pensi che l’anno scorso, a fronte di 7,4 miliardi di euro che gli immigrati residenti in Italia hanno inviato nei Paesi di origine – continua Bortolussi – 2,5 miliardi, pari al 33,8% del totale, sono stati spediti dalla comunità cinese”. Gli Artigiani di Mestre fanno notare che storicamente i cinesi hanno sempre dimostrato una spiccata propensione imprenditoriale e una forte inclinazione verso l’affermazione economica e sociale. Nonostante questi aspetti positivi non mancano però i problemi. “Innanzitutto – prosegue Bortolussi – è una comunità poco integrata con la nostra società, perché la quasi totalità di questi lavoratori non parla la nostra lingua.

Inoltre, buona parte di queste attività, soprattutto nel manifatturiero, si sono affermate eludendo gli obblighi fiscali e contributivi, aggirando le norme in materia di sicurezza nei luoghi di lavoro e non rispettando i più elementari diritti dei lavoratori occupati in queste aziende che quasi sempre provengono anch’essi dalla Cina. Questa forma di dumping economico ha messo fuori mercato intere filiere produttive e commerciali di casa nostra.

Tuttavia è giusto sottolineare – conclude Bortolussi – che anche gli imprenditori italiani non sono immuni da responsabilità. In molte circostanze, coloro che ancora adesso forniscono il lavoro a questi laboratori produttivi cinesi sono committenti italiani che fanno realizzare parti delle lavorazioni con costi molto contenuti. Se queste imprese committenti si rivolgessero a dei subfornitori italiani, questa forte riduzione dei costi non sarebbe possibile”. Infine, fatto 100 il totale degli imprenditori cinesi presenti in Italia, il 38,7% delle imprese si concentra nel commercio (con 22.524 piccoli imprenditori ) e il 29,4% nel manifatturiero (17.104 unità aziendali). Tra questi ultimi, il 94,3% (pari a 16.122 imprese) sono attività del tessile, dell’abbigliamento, delle calzature e della pelletteria. Significativa la presenza anche nel settore alberghiero e della ristorazione: le attività condotte da titolari cinesi hanno raggiunto le 11.183 unità.

Quando la presenza di alcune attività economiche e’ inversamente proporzionale all’andamento dell’economia in generale, significa che queste attività sono uno dei motivi per il quale l’economia nel suo complesso va male.
Se infatti fossero legate all’andamento economico e ne fossero parte positiva, la loro
presenza scenderebbe quando l’economia va male e salirebbe quando l’economia va bene. Se questo non accade, come nel caso delle imprese cinesi, significa che e’ la loro stessa presenza a distruggere il settore economico nel quale sono penetrate. E’ il comportamento del virus.
Il virus si inocula nell’organismo e prospera della sua distruzione. Partecipa alla sua distruzione agendo da parassita. Lo stesso accade con le imprese cinesi in particolare, e con quelle degli immigrati piú in generale.

In tutto questo, la nostra politica non reagisce. Anzi, stende tappeti rossi all’invasore. In Toscana, a Prato, ci sono interi settori economici assassinati e sbattuti fuori dal mercato dalla illegale e moralmente ributtante , concorrenza low-cost cinese (il low-cost e’ un problema che affronteremo in un altro articolo, direttamente connesso ai problemi economici che stiamo vivendo). Basterebbe una semplice legge che impedisca a cittadini di paesi dove non esiste reciprocità , di acquisire proprietà in Italia: in Cina, lo straniero non puó essere proprietario di attività commerciali se non, in caso di multinazionali(molto amiche della Cina), in joint-venture con società locali. Applichiamo ai Cinesi, le leggi che loro applicano a noi.

Questo non sarà fatto, finche’ individui ributtevoli e fanatici della globalizzazione come Mario Monti avranno responsabilità di governo.

Ps. E’ grazie alle rimesse degli immigrati,pari ad un punto di Pil, che i consumi crollano e le tasse aumentano. Questa e’ la vera fuga di capitali.

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