I grandi media, negli ultimi mesi, hanno prestato poca attenzione rispetto ad una situazione pericolosissima che si è venuta a creare nella parte settentrionale del Mali. La crisi economica, il famigerato Spread, le Olimpiadi, la guerra siriana e le vacanze estive hanno attirato quasi tutta l’attenzione del mondo dell’informazione. Del dramma che si sta verificando in tale regione si è parlato solo in occasione di eventi clamorosi come la distruzione, da parte dei fondamentalisti, di alcuni antichi mausolei dedicati a dei “santi” islamici situati in un cimitero vicino alla mitica città di Timbuctu. Cercheremo, con questo nostro articolo, di informare i lettori circa gli eventi che stanno travolgendo questa parte del Nordafrica e soprattutto metteremo in risalto i motivi per i quali tali eventi, contrariamente a quanto si possa pensare, ci riguardano da vicino.
Ancora violenza in Mali. Non si placa la furia distruttrice del gruppo integralista islamico estremista Ansar Dine che oggi ha ripreso a demolire altri mausolei di santi musulmani nella mitica città di Timbuctu. Un testimone ha riferito che una dozzina di membri della banda, muniti di scalpelli e picconi, si sono ritrovati al cimitero di Djingareyber, a sud di Timbuctu, dove si trovano almeno tre mausolei. I seguaci di Ansar Dine – proseguela testimonianza – si sono diretti verso il mausoleo di Cheikh el-kebir al grido di “Dio è grande” con l’intento di buttarli giù. Ieri fondamentalisti dello stesso gruppo avevano raso al suolo tre mausolei: quello di Sidi Mahmoud, nel nord della città, già profanato e parzialmente bruciato nel maggio scorso, perché il suo culto è considerato dagli estremisti “contrario alla sharia” e quelli di Sidi Moctar e Alpha Moya.
L’aggressione iconoclasta degli islamisti maliani ai luoghi di culto sta proseguendo con zappe e scalpelli. Un giornalista locale ha riferito di aver visto decine di filo-qaedisti sciamare nel cimitero di Djingareyber, nel sud dell’antica città carovaniera, dal 1998 patrimonio mondiale dell’umanità. “Sono vicino al mausoleo di Cheick el-Kebir: lo stanno distruggendo”, ha raccontato l’uomo che ha voluto rimanere anonimo. Gli islamisti prendono di mira i santuari considerati l’eredità di un mondo idolatra. Eravamo in molti a guardare la distruzione del mausoleo. Ma non possiamo fare nulla contro questi pazzi”.
Il cimitero si trova a sud di Timbuctu, nel sobborgo dell’omonima moschea di Djingareybe, fatta costruire nel 1327 dal sultano del Mali Kankan Moussa, di ritorno da un pellegrinaggio alla Mecca. I miliziani qaedisti che da marzo, dopo il colpo di Stato a Bamako, occupano il nord del Mali, vogliono un’applicazione rigorosa della ‘sharia’ e considerano ‘haram’ (proibito) ogni forma di adorazione politeista, che metta cioè accanto a Dio altri ‘santi’, sia pure uomini pii e devoti; e dunque i santuari sono considerati idolatri. “Dio è unico. Tutto questo è ’haram’. Che cos’è l’Unesco?”, ha detto ieri un portavoce di Ansar Dine, uno dei gruppi legati ad al-Qaeda che hanno occupato il nord del Mali, approfittando del caos a Bamako. A marzo un colpo di Stato nella capitale maliana ha spianato la strada ai ribelli tuareg separatisti (tra l’altro discendenti di coloro che nel V sec. fondarono Timbuctu) che hanno così acquisito il controllo di un’area più grande della Francia. Poche settimane più tardi, però, ad aprile Ansar Dine, un gruppo qaedista che combatteva al loro fianco, ha preso il sopravvento e scalzato i tuareg da tutte le posizioni di potere.
Occorre, innanzitutto, mettere in evidenza un aspetto molto importante. Lo scontro in atto tra il nord del paese, popolato dai Tuareg, e il sud, abitato dai “neri”, è prima di tutto uno scontro etnico. I tuareg sono berberi, ovvero fanno parte della popolazione autoctona del nordafrica, una popolazione europoide. Vengono erroneamente assimilati agli Arabi, che invece sono giunti in queste regioni solo a partire dal VII secolo. In realtà, i Berberi hanno popolato il Nordafrica fin dal Neolitico e tali popolazioni sono citate nei testi egiziani fin dal 3000 a.C. Le popolazioni berbere non hanno mai effettuato guerre di conquista ma solo subito dominazioni altrui, cercando di contrastarle aspramente. La maggior parte dei documenti che riguardano i Berberi provengono dai loro conquistatori, e i giudizi su di loro non possono quindi essere molto obiettivi. Oggi dopo l’islamizzazione, si ritrovano quasi stranieri nella loro stessa terra. La rivolta dei tuareg è la rivolta di un popolo autoctono che si sente oppresso, costretto in un angolo da arabi e neri. L’ennesimo caso storico di un popolo che rischia l’estinzione a causa dell’immigrazione che poi, nel tempo, si trasforma in occupazione. Dovremmo trarre degli insegnamenti dalla storia e invece la ignoriamo.
Fatta questa indispensabile premessa, cerchiamo ora di capire cosa sta accadendo in Mali. Nel gennaio di quest’anno, la parte settentrionale dell’ex colonia francese è stata sconvolta da scontri armati fra esercito regolare maliano e guerriglieri del Mnla, Movimento nazionale di liberazione dell’Azawad guidato dai Tuareg. Questa improvvisa esplosione di violenza è stata favorita dalla caduta del regime libico di Gheddafi, il quale aveva armato proprio i Tuareg arruolandoli come mercenari. Caduto il regime, i Tuareg, armati di tutto punto, sono tornati nella loro terra dando il via alla rivolta armata. L’esasperazione dei militari maliani, costretti ad affrontare con scarso equipaggiamento i ribelli, ha dato il via ad un golpe militare nella caserma di Kati. In sostanza, alcuni ufficiali dell’esercito hanno deposto il presidente, eletto democraticamente nel 2007, Amadou Toumani Touré, chiedendo mezzi adeguati per difendere l’unità nazionale e i finanziamenti promessi dagli Usa per combattere la rete di Al Qaeda nel Maghreb. L’esercito maliano non è più riuscito a riprendere il controllo della situazione e così, nel mese di aprile, i Tuareg hanno proclamato l’indipendenza del nord, l’Azawad appunto.
I Tuareg hanno però avuto la “felice” idea di farsi aiutare, nella loro guerriglia, da quei “bravi ragazzi” di Ansar Dine (“difensori della fede”) , gruppo fondamentalista islamico legato ad Al Qaeda che vuole imporre al paese la Sharia, e questa scelta si è rivelata fatale. I “difensori della fede”, peraltro contrari all’indipendenza del nord, hanno preso il sopravvento impadronendosi delle città inizialmente controllate dai Tuareg. Ancora una volta gli autoctoni si vedono privati della loro terra, questa volta a causa di una “leggerezza” strategica.
Da mesi, le tre regioni del Nord del Mali – i due terzi del territorio nazionale – sono in mano ai due gruppi islamici vicini ad Aqmi (Al Qaeda nel Maghreb Islamico). Hanno cacciato da Gao, Timbuctu e Kidal i tuareg del Mnla, inizialmente loro alleati nella guerra contro l’esercito maliano. Dopo la proclamazione dell’indipendenza dell’Azawad, il 6 aprile scorso, i separatisti tuareg del Movimento nazionale per la liberazione dell’Azawad sono stati di fatto estromessi dal governo delle tre città.
Si è parlato anche di un possibile intervento militare da parte di alcuni stati africani o di potenze europee, fino ad ora però non è accaduto nulla. Ovviamente, i “difensori della fede”, non hanno perso tempo e si sono subito adoperati per diffondere ed applicare le “pacate” leggi coraniche. Ecco due fatti emblematici accaduti negli ultimi giorni.
AGUELHOK (MALI), 30 LUG 2012- Estremisti islamici hanno ucciso per lapidazione una coppia non sposata ad Aguelhok, nel nord del Mali controllato dal gruppo armato integralista Ansar Dine, alleato di Al Qaida nel Maghreb Islamico (Aqmi). Lo hanno testimoniato due esponenti politici locali che hanno chiesto l’anonimato. “Hanno trascinato la coppia nel centro di Aguelhok”, dove l’uomo e la donna sono stati infilati in buche e sepolti fino alla testa, quindi “bersagliati di pietre fino alla morte“.
Bamako, 9 ago 2012 – Le autorità islamiche che controllano il nord del Mali hanno amputato la mano a un uomo che aveva rubato una motocicletta nella località di Ansongo, nel sud di Gao. Lo ha riferito un testimone. L’episodio è stato confermato da un leader islamico, Mohamed Ould Abdine, sottolineando che “è stata applicata la sharia, “la legge di Dio”. “Nei prossimi giorni, faremo la stessa cosa a Gao. Nessuno può impedirci di fare questo”, ha aggiunto Abdine. Domenica scorsa, abitanti di Gao avevano impedito agli islamici del Movimento per l’unicità e la jihad in Africa dell’ovest (Mujao), gruppo legato ad al-Qaida nel Maghreb islamico (Aqmi) che controlla la città e la regione, tra cui Ansongo, di tagliare la mano a un altro ladro. “Abbiamo rinviato l’esecuzione della pena per l’intervento di alcuni notabili, non a causa della popolazione”, ha detto Abdine.
Vediamo ora quali sono le intenzioni future di questi conquistatori del terzo millennio.
Nouakchott, 9 ago 2012- ”Vogliamo convincere pacificamente (molto credibile) il popolo del sud ad unirsi a noi” e conquistare cosi’ l’intero Mali per ”combattere insieme il nemico comune, ovvero i non musulmani e i miscredenti”. Lo ha detto Senda Ould Boumama, portavoce del movimento islamico Ansar Dine che detiene il controllo del Nord del Paese.
”La priorita’ rimane l’applicazione della sharia, l’istruzione, la predicazione e la formazione delle generazioni future islamiche”, ha aggiunto il portavoce, secondo quanto riportato dal sito web ”Defenders of jihadisti”.
In sostanza, si stanno creando le basi per la crazione di un nuovo Afghanistan alle porte dell’Europa. La situazione, anche a causa del caos generato dalla caduta dei regimi nordafricani, rischia di precipitare e di travolgere un’area ben più vasta che potrebbe arrivare a lambire le coste del Mediterraneo. La parte settentrionale dell’Africa si sta trasformando in un’immensa piattaforma logistica del terrorismo islamico, e il guaio è che noi, come Italia e come Europa, ci troviamo proprio di fronte. Ciò che sta accadendo, secondo chi scrive, non è affatto casuale. Da diversi secoli l’Islam cerca di conquistare l’Europa senza mai riuscirci, oggi si stanno venendo a creare le condizioni per un attacco al Vecchio Continente. Siamo dunque al punto che più ci interessa direttamente. Il rischio di ritrovare, sull’altra sponda del mare nostrum, il più vasto santuario jihadista del mondo è alto e questa nostra tesi trova delle conferme importanti.
RABAT, 2 AGO 2012- La collusione fra movimenti separatisti, terroristi ed estremisti religiosi, sta gettando la regione sahelo-sahariana in un’anarchia senza precedenti. La paura è che la zona di insicurezza si espandi in un territorio ben più ampio, fino a raggiungere le coste del Mediterraneo.
Il ministro francese degli Affari esteri, Laurent Fabius, ha giàammonito sul rischio di un possibile “shaelistan”, ossia un’area, principalmente a nord del Mali, la cui attuale estrema debolezza di governo non permette di controllare l’immenso territorio, dove potrebbero spadroneggiare dei gruppi estremisti, come Aqmi o Mujao, e che potrebbe potenzialmente diventare, a causa della prossimità territoriale con Maghreb ed Europa, peggio dell’Afghanistan.
Anche le autorità spagnole hanno mandato un messaggio alla comunità internazionale, decidendo di rimpatriare i propri cittadini e quelli di altri paesi europei installati nella regione di Tindouf e nel nord del Mali, per via della “crescita rimarcabile dell’insicurezza” e quindi per possibili atti terroristici contro cittadini stranieri.
Secondo la diplomazia spagnola, scrive l’agenzia di stampa marocchina Map, l’instabilità politica del Mali ha fatto si che il nord di questo paese – caduto nelle mani di gruppi radicali, capeggiati dal Mujao, il Movimento per l’unicità e la jihad nell’Africa del Nord, sia diventato “una piattaforma terroristica” ed un punto di partenza di tutte le azioni terroristiche nella regione.
Appaiono inoltre sempre più evidenti i legami fra i separatisti del Fronte Polisario e Aqmi, Al-Qaida nel Magreb islamico, – gruppo, quest’ultimo, che si è fortemente rafforzato grazie all’instabilità generata dalla guerra civile in Libia, nella quale è ora presente una vasta zona diventata una grande mercato di armi, quelle lasciate dal regime di Gheddafi, a cielo aperto – con lo scopo di controllare e mettere a frutto i traffici, armi, droga, esseri umani e rapimenti, della regione. La situazione dei campi profughi di Tindouf, gli stessi nei quali è stata rapita la cooperante italiana Rossella Urru insieme ai due colleghi spagnoli, nel nord del Mali ed in Libia, è percepita dai gruppi di estremisti come un’occasione per creare una zona di non-diritto, come quelle delle regioni tribali fra l’Afghanistan ed il Pakistan.
In tale contesto sarebbero quindi almeno sette i paesi minacciati direttamente: il Marocco, l’Algeria, la Tunisia, la Libia, il Mali, il Niger e la Mauritania.
Di fronte a questa realtà, appare sempre più imbarazzante la patetica politica europea di accoglienza degli immigrati. Occorre cambiare direzione, occorre proteggere i popoli europei dai “vicini”, sempre più minacciosi, che abitano la costa sud del Mediterraneo. Bisogna erigere una barriera invalicabile tra noi e loro, un muro marino che separi questi due continenti che ormai non hanno più nulla da condividere. Speriamo di aver reso una buona informazione, presupposto fondamentale per qualsiasi cambiamento. Ci aspettano tempi difficili, dobbiamo essere pronti a mostrare tutto il nostro coraggio e la nostra forza. La difesa della nostra terra, negli anni a venire, deve diventare la priorità assoluta per i cittadini e per le istituzioni.
Il bello è che saremmo benissimo in grado di difenderci da questi fanatici, anzi, anche di contrastarli nel loro paese.
Ma manca solo una cosa ai nostri governi europei, la volontà di farlo!
E’ molto importante quindi effettuare la giusta informazione, perchè solo così possono rendersi consapevoli e muoversi i popoli europei; i politici seguiranno (quando ci sono!)
per ora sì, ma un domani? quando i popoli europei saranno ridotti al lumicino e gli immigrati in grande numero, ormai con pari e più diritti di noi sul nostro territorio, lo saremo ancora?
Certo non sarà oggi, né domani, forse chi ora è giovane si troverà a vedere gli inizi violenti e di portata geopolitica da anziano, quando sarà vecchio per agire efficacentemente. E non si pensi che anche ben prima di essere annientato demograficamente il gruppo europoide possa cedere semplicemente senza aver la volontà di battersi. L’impero romano d’occidente aveva ancora milioni di individui, l’Italia poteva contare almeno 2 milioni di maschi abili alle armi, più del periodo annibalico, in cui erano 700 mila dai conti tramandatici da Polibio, ma allora c’era la volontà di battersi fino all’ultimo uomo se necessario, al tempo delle invasioni barbariche no. Stessa cosa oggi.