Ricordate il caso di Luciano Manca?
È stato condannato a 12 anni con rito abbreviato Luciano Manca, il papà giustiziere che il 26 ottobre del 2011 sparò contro il campo nomadi di Calcinatello uccidendo il 18enne Ionut Iamandita. L’uomo riteneva che la figlia, morta per overdose, avesse trovato la droga in quel campo. Il pm Leonardo Lesti aveva chiesto 18 anni di reclusione per omicidio volontario. La sentenza ha invece stabilito i 12 anni di reclusione e una provvisionale alle parti civili di 130 mila euro.
Quando venne condannato scrivemmo questo:
Luciano Manca aveva una figlia. Aveva, perché la facilità con la quale la droga può essere trovata a costo bassissimo dopo l’ondata di spacciatori che l’immigrazione c’ha regalato, se l’è portata via.
Ormai spacciano ovunque. E i più deboli della società vengono risucchiati nell’abisso.
Luciano Manca sapeva che lo Zingaro era uno spacciatore, e riteneva fosse quello che procurava la droga a sua figlia. Pare non lo fosse.
Era comunque lo spacciatore che procurava la droga a qualche altra figlia di qualche altro padre. E a noi basta.
Per noi Luciano Manca non è un assassino, perché gli spacciatori non sono uomini. Ucciderli è cosa buona e giusta.Per altri, per tutti i “buoni”, Caino non deve essere toccato, e Abele deve vedere il suo mondo morire senza reagire. Abele non è più disposto a farlo.
Oltre 9mila immigrati in Italia sono stati denunciati per spaccio l’ultimo anno, se, in modo statisticamente conservativo, ne deduciamo la presenza di altrettanti non scoperti, si arriva a circa 20mila immigrati spacciatori.
Basterebbero 20mila Luciano Manca.
Confermiamo ogni singola parola. Ancora più oggi che è confermato ciò che noi pensavamo: quel Campo Nomadi con villette di legno era un centro di spaccio. In quel campo si spacciava morte, lo confermano le intercettazioni telefoniche incluse nelle motivazioni della sentenza che ha condannato Manca:
Luciano Manca, difeso dall’avvocato Angelo Villini: «Ribadiva ancora una volta che non aveva intezione di ammazzare nessuno, ma il suo scopo era soltanto quello di intimidire le persone presenti in loco per interrompere l’andirivieni di giovani che lì si recavano per comprare droga». Ed è quindi scritto: «D’altronde il dato inerente la consumazione di attività di spaccio all’interno del campo nomadi, proveniente dal narrato dell’imputatato» risulta «ampiamente confermato dagli esiti delle intercettazioni telefoniche disposte sulle utenze delle persone dimoranti nella casamobile». La «conversazione di maggior rilievo a tal proposito è rappresentata dalla telefonata» nel corso della quale una donna, alla richiesta su chi avesse sparato «rispondeva che a farlo era stato un italiano perchè “la moglie di mio cognato vende la bianca” e ” la figlia di questo italiano ha comprato la bianca ed è morta sua figlia”».
Quindi Luciano Manca aveva visto giusto e ha agito per il bene della società. Per questo è stato punito da coloro – i magistrati – che se ne fregano se gli Zingari spacciano droga. Da coloro che di quel ritrovo di spacciatori non se ne occupavano.
Riflettiamo sull’enormità della cosa: un campo nomadi gestito da un comune o comunque permesso da un comune, viene utilizzato dagli Zingari dediti al traffico di stupefacenti, come centro del loro turpe commercio. Non ostante ciò ad essere condannato è stato chi ha fatto giustizia, e non chi ha ignorato negli anni quello che avveniva, distruggendo la vita di tanti giovani tra i quali la figlia di Luciano Manca.
Questa la motivazione completa della sentenza pubblica oggi:
«All’imputato va attribuita la volontà di determinarsi a sparare un colpo micidiale». È uno dei passaggi delle motivazioni della condanna a 12 anni, inflitta a Luciano Manca, il 52enne di Montichiari che il 26 ottobre del 2011 sparò contro una casetta del campo nomadi di Calcinatello, uccidendo Ionut Iamandita. Il giovane si trovava per caso nella casetta e venne raggiunto dai pallettoni. L’agonia durò due giorni, poi il ragazzo rumeno morì. Manca venne arrestato nei giorni succesivi dai carabinieri della compagnia di Desenzano del Garda. A SPINGERLO a sparare verso la finestra della casetta del campo nomadi di Calcinatello era stata la rabbia per la morte della figlia Francesca, il cui corpo, alcune settimane prima, era stato trovato a Montichiari. Dagli accertamenti sanitari era emerso che la ragazza aveva assunto stupefacenti. E il padre sapeva che la figlia era stata in passato al campo nomadi di Calcinatello per rifornirsi di stupefacenti. A tutto ciò, in ogni caso, era completamente estraneo Ionut Iamandita che, peraltro, abitava a Brescia. Nelle motivazioni è riportato che Luciano Manca, difeso dall’avvocato Angelo Villini: «Ribadiva ancora una volta che non aveva intezione di ammazzare nessuno, ma il suo scopo era soltanto quello di intimidire le persone presenti in loco per interrompere l’andirivieni di giovani che lì si recavano per comprare droga». Ed è quindi scritto: «D’altronde il dato inerente la consumazione di attività di spaccio all’interno del campo nomadi, proveniente dal narrato dell’imputatato» risulta «ampiamente confermato dagli esiti delle intercettazioni telefoniche disposte sulle utenze delle persone dimoranti nella casamobile». La «conversazione di maggior rilievo a tal proposito è rappresentata dalla telefonata» nel corso della quale una donna, alla richiesta su chi avesse sparato «rispondeva che a farlo era stato un italiano perchè “la moglie di mio cognato vende la bianca” e ” la figlia di questo italiano ha comprato la bianca ed è morta sua figlia”». PARLANDO dell’imputato, nelle motivazioni si dice che gli va attribuita «la volontà di determinarsi a sparare un colpo micidiale, nonostante vi fosse illuminazione nella casamobile e, quindi, con piena rappresentazione dell’eventualità della presenza di persone all’interno della stessa e accettazione del rischio, per direzione del colpo e natura della cartuccia oggetto di sparo, di colpire taluno dei presenti, come poi è accaduto». Sull’assenza di premeditazione infine viene detto che «nella fattispecie in esame l’azione criminosa appare del tutto estemporanea, frutto di una risoluzione per niente meditata, ma anzi maturata sull’onda emotiva, quasi frutto di una reazione angosciata e poco organizzata, indotta dal particolare stato di prostrazione fisica e psichica del soggetto agente, causato dalla morte della figlia, mancando del tutto ogni spazio di riflessione, indice di perseveranza della risoluzione criminosa».
In sostanza, la colpa di Luciano Manca è stata quella di avere ucciso lo spacciatore sbagliato. Salvando forse, la vita alla figlia di qualcun altro. Mentre i veri criminali siedono in parlamento, negli scranni di governo e nelle stanze delle associazione xenofile.
Per quanto ci riguarda, uccidere uno spacciatore non è reato. Farlo vivere gratis in un campo nomadi, lo è.
Il senescente al Quirinale faccia una cosa buona, conceda la grazia ad un padre già punito dalla morte della figlia: liberate Luciano Manca, colpevole per la legge, innocente per la Giustizia.
Da questa sede, nel mio piccolo, invito qualsiasi penalista italiano di buon senso, semmai esiste, a patrocinare gratuitamente questo signore e farlo scarcerare.
anni fa ebbi la fortuna di conoscere luciano la moglie e i due suoi figli credetemi per quel po che lo conosciuto e’ una persona buona e brava. credo e sono convinto che non aveva nessuna intenzione di ammazzare nessuno. quando e’ sucesso la tragedia della figlia bisognava aiutarlo a superare quel momento. ci sono mafiosi che ammazzano e poi vengono scarcerati per cavilli. ha sofferto abbastanza liberate luciano e arrestate i veri assasini (spacciatori).
urliamo tutti insieme liberate luciano lasciatelo tornare da ciò che rimane della sua famiglia…..