LIVORNO – Quattordici operai in nero, per lo più extracomunitari. Stavano montando, per una società esterna, il palco e le attrezzature per il concerto di Giorgia a Livorno. Li hanno scoperti in un blitz al Palasport (una struttura che può ospitare più di 8 mila persone) i carabinieri di Livorno.
ULTIMI DEI PRECARI – Come ha anticipato il Tirreno, i lavoratori sono stranieri regolari, romeni e peruviani, di un’età compresa tra i 25 e i 40 anni e pare fossero pagati, senza tasse e contributi, 6 euro l’ora. Avevano il caschetto in testa ma probabilmente, sospettano gli investigatori, ci sono irregolarità anche nelle procedure di sicurezza. Secondo alcune indiscrezioni, i titolari dell’impresa incaricata per i lavori di montaggio del palco, avrebbero pagato una multa e immediatamente avviato le pratiche per la regolarizzazione degli operai che pare non fossero neppure assicurati. I controlli continueranno perché l’ispettorato del lavoro vuole capire se nella vicenda, sul fronte della sicurezza, sia stato violato il codice penale. A questo punto scatterebbe una denuncia alla magistratura. I controlli si sono intensificati anche dopo le tragedie accadute sui cantieri dei concerti di Jovanotti e Laura Pausini. Qui, per alcuni crolli, morirono due ragazzi di 20 e 31 anni: Francesco Pinna e Matteo Armellini. Giovedì sera il concerto di Giorgia si è svolto regolarmente. La sensazione, dopo il blitz livornese, è che nel mondo dello spettacolo siano molte le irregolarità. E non solo tra gli operai che montano i palchi. «Spesso siamo pagati al nero – denuncia un musicista che suona con star della musica leggera – male e con gravissimi ritardi. Forse è arrivato il momento di maggiori controlli perché se noi denunciamo smettiamo immediatamente di lavorare. E siamo gli ultimi dei precari».[nbnote ]http://www.corriere.it/cronache/12_marzo_30/giorgia-lavoratori-in-nero-palco-concerti-gasperetti_c1c43752-7a42-11e1-aa2f-fa6a0a9a2b72.shtml[/nbnote]
Ecco. Questi sono i veri motivi per i quali, i sedicenti “artisti”, cantanti attori e saltimbanchi del mondo dello spettacolo, sono favorevoli all’immigrazione.
Ci guadagnano. Guadagnano, perché come tutti i membri dell’élites privilegiata, chi sta in alto nella scala della ricchezza, si avvantaggia del precariato.
Il ricco, ha vita più facile, se i lavoratori entrano in concorrenza con immigrati pronti a tutto: si abassano gli stipendi, diminuiscono le richieste di sicurezza sul lavoro e di protezione sociale. E se quei costi diminuiscono, aumentano i loro guadagni.
E allora, quando sentirete in televisione i soliti Jovanotti, Giorgia o altri individui simili, cantare le lodi degli immigrati e di quanto siano bravi i “fratelli migranti”, saprete cosa si nasconde, dietro il loro falso buonismo.
Quando li sentirete dire, che gli “immigrati servono”, capirete che è vero. Ma è a loro che servono, contro di voi.
L’élite privilegiata sostiene l’immigrazione e la usa contro le fasce deboli e benestanti della propria popolazione. Per destrutturare le prime e “ammansire” le seconde.
Obiettivo: cinesizzazione dell’economia e della società italiana.
Ovviamente gli immigrati non sono “le vittime”, benché il Sistema si serva di loro, è la loro presenza a degradare il mercato del lavoro. Il Tirreno, gruppo Espressp-DeBenedetti, non osa dire ciò che è, perché parte del sistema, e “assolve” i poveri immigrati che sarebbero “gli ultimi dei precari”.
Ma è la loro presenza, a distruggere la forza contrattuale dei lavoratori italiani e a renderli precari a vita. E’ la loro presenza che degrada la sicurezza sui luoghi di lavoro, perché un dipendente italiano si deve “adeguare” alla concorrenza di quello romeno o africano che, non “pretende” di non rischiare la vita e di lavorare meno di dieci ore al giorno.
Profonda vergogna per questi “cantanti”, che fanno soldi sulla pelle dei lavoratori italiani, e poi perorano campagne assurde e buoniste per l’accoglienza. O in vanesi slanci di “solidarietà” ben pubblicizzata, costruiscono scuole a Malindi. Meno beneficienza, più lavoro e paghe oneste ai lavoratori che sfruttate.
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