‘Giovane donna aggredita da immigrato’, e’ partito da qui, da un normalissimo e frequentissimo titolo di giornale, il dibattito organizzato dalla Provincia di Prato (Partito Democratico) per riflettere su quanto il linguaggio dell’informazione incida su stereotipi e razzismo. Inserito nel cartellone di Alter Mundi, l’appuntamento, nella saletta Magnani del Terminale, e’ stato l’occasione per lanciare una proposta: un tavolo, allargato a giornalisti ed esperti della comunicazione, per promuovere uno stile diverso sia scritto che parlato. Interessante il contributo di Giuseppe Faso, autore del libro ‘Lessico del razzismo democratico’: ogni parola ha un peso, ha un significato e la somma di tante parole puo essere presupposto di sentimenti razzisti. Il dibattito e’ stato arricchito dalla proiezione di un video realizzato da Riccardo Jacopino che ha ricostruito, attraverso interviste a giornalisti e a rappresentanti delle comunita’ straniere, la struttura dell’informazione legata all’immigrazione.
E’ sempre illuminate, scoprire come le istituzioni sprechino il denaro delle nostre tasse.
Oltre a questo è anche divertente mettere in luce come funziona il “nepotismo democratico”, ovvero quell’intreccio di interessi che pervade il sistema politico-culturale targato Pd.
Sei uno scrittorucolo? Noi, usiamo i soldi pubblici per pubblicizzare il tuo libercolo e tu, poi, in cambio, verrai ai nostri incontri pubblici. Questo è il comportamento che in grande, avviene da Fabio Fazio e in piccolo, in convegni semi-cabornari come quello organizzato dalla provincia di Prato.
Venendo invece al tema del convegno, è l’ennesimo riflesso totalitario di chi teme la realtà e vuole nasconderla: se un immigrato aggredisce una donna, che titolo andrebbe usato, secondo loro? Individuo proveniente oltreconfine non tratta troppo bene una giovane donna?
Si rendono conto, o no, della stupidità che offusca le loro menti? Si rendono conto, o no, dell’idiozia che ormai guida i loro atteggiamenti?
Quando Orwell nel suo “1984” parlava di neolingua, si riferiva proprio a questo: al tentativo di plasmare la realtà attraverso la manipolazione del linguaggio. La realtà permane, ma si cerca di “corromperne” il significato, così da renderla meno “pericolosa” per il potere costituito. Perché, inutile svicolino, oggi sono loro, gli xenofili, il “potere costituito”: in combutta con Banche, Grande Capitale e Caritas.
Noi siamo invece, la resistenza al potere, un potere oscuro perché mutevole e camaleontico che assume aspetti “accattivanti” di buonismo qualunquista. E’ quindi più complesso, combattere contro un potere “dolce” e non aggressivo. Un potere che cerca di corrompere il linguaggio per dominare, non più e non solo, le persone, ma nel tentativo ultimo di plasmarne addirittura i “pensieri” e la volontà. Non più imporre la schiavitù, ma renderla, addirittura, una “scelta volontaria” attraverso l’uso distorto dei media e del linguaggio.
Questi “convegni” per giornalisti che la provincia di Prato vaneggia, sono i campi di rieducazione stalinisti in salsa post-moderna. Senza filo spinato e sbarre fisiche, ma con oscure prigioni mentali.